Giulietta De Luca
aka
Etta Patapumm
Giulietta De Luca è un' artista, poeta, genitore, persona autistica, aka Etta Patapumm.
A che età hai ricevuto la diagnosi?
Ho ricevuto la diagnosi di autismo lv.1 a 30 anni, dopo più di un anno che ne avevo il dubbio.
Oggi ne ho 35 compiuti.
Qual è stata la tua reazione quando hai scoperto di essere autistic*?
La prima reazione è stata di incredulità: anche se da più di un anno mi documentavo sul tema e frequentavo forum e gruppi Facebook di persone “asperger” (mi sono avvicinata alla questione con questo termine), non mi capacitavo del fatto di aver lavorato con bambin* autistic* senza essermi mai fatt* venire il dubbio, credendo di averci semplicemente più “feeling”.
Pensavo che avrei ricevuto una diagnosi di altro tipo, con diverse similarità.
La seconda reazione, dopo poco, è stata di sollievo, sommerso però da quella fase in cui fai il rewind di tutta la tua vita, e tutto assume finalmente un senso, come se guardassi il passato con la diottria giusta.
La fase immediatamente successiva è stata di rabbia e sconforto: mi sentivo una persona fallita sia come neurotipica, perché il masking stava crollando, sia come autistica, perché era ormai troppo tardi per recuperare molte cose.
Tutto questo nel giro di due/tre mesi.
È cambiato il tuo rapporto con la diagnosi in cinque anni?
Ho approfondito maggiormente il tema e non ho potuto fare a meno di pormi criticamente su certe questioni.
Ho creato un alias virtuale (Etta Patapumm) col quale mi sono espost*.
Più ho approfondito più mi sono sorti interrogativi e dubbi su molte questioni.
Ora mi definisco persona autistica per correttezza, nel colloquiale preferisco “neurodivergente”.
La rabbia si è trasformata da personale a politica/sociale.
Non mi sento più una persona autistica fallita: mi sono liberat* della retorica della performatività.
Sono orgoglios* della mia neurodivergenza, non perché sia quel famoso “valore aggiunto”, ma perché non ho motivo per vergognarmene o ritenermi, per essa, di valore inferiore.
Appartieni ad altri gruppi minoritari?
Sono italo-thailandese, quindi agli occhi dei più non abbastanza stranier* né abbastanza italian*.
Di estrazione sociale infima, pansessuale, demisessuale, Afab (assegnata come femmina
alla nascita) non binary.
Citando De Andrè: “Storia diversa per gente normale, storia comune per gente speciale”.
Intendo dire: non c’è nulla di speciale nel mio mix minoritario: sono più le persone che lo hanno che quelle che non lo hanno.
Purtroppo in molt* abbiamo interiorizzato lo sguardo “WEIRD” (occidentale, industrializzato, accademico, ricco) sentendoci una minoranza anche statistica e quindi trascurabile, e non “solo” politica.
Come ha influito appartenere a diversi gruppi minoritari?
Le varie discriminazioni si sono influenzate a vicenda creando una discriminazione particolare, difficile da districare, da elaborare.
Mi mancavano i mezzi, i termini, la rete sociale di riferimento (sono molto content* che le nuove generazioni, native digitali, abbiano internet per raggiungere molte informazioni e molte storie simili alla loro e che lo stesso strumento permetta una circolazione più veloce delle informazioni).
Ad esempio, molte delle mie “peculiarità” venivano spiegate con l’appartenere ad un’altra cultura (ma sono cittadina italiana cresciuta da figure italiane), oppure venivo considerat* un caso perso perché la mia era una famiglia così disfunzionale da sembrare una fatica insormontabile.
Da persona che aveva difficoltà relazionali sena rendersene conto, ho faticato ad entrare in contatto con persone della comunità LGBTQIA+ prima della diagnosi. Vivevo male la mia identità di genere e il mio orientamento sessuale, ma ho cercato di nascondere questo “ennesimo problema” anche a me stess*.
Non ho potuto, durante l’infanzia e l’adolescenza, sviluppare e approfondire interessi assorbenti per isolamento sociale e problematiche famigliari (ad esempio venivo percoss* se mi compravo dei libri, ma non avevo nemmeno accesso ad una biblioteca).
Ansia ed autolesionismo hanno portato ad un TSO con misdiagnosi a 19 anni, aggiungendo un nuovo trauma.
Essere una persona Afab e povera, in questo periodo, accentua le mie difficoltà.
Per ogni persona appartenere a diversi gruppi minoritari crea situazioni e difficoltà differenti a seconda della sua storia, del contesto sociale, dell’ età, etc.
Perché è importante parlare di autismo?
Per contrastare l’invisibilizzazione attuale, il tasso suicidario tra le persone autistiche e il loro isolamento rispetto alle politiche di welfare, speculazioni e violenze.
Come l’intersezionalità può essere utile in questa società?
Non credo che l’approccio intersezionale sia solo utile, ma l’unico approccio attualmente possibile.
Altrimenti si avrà solo una visione parziale, dagli effetti limitati, inefficace.
Nemmeno i sassi sono una cosa sola, come ci si può aspettare lo sia una persona?
Quali sono i tuoi interessi e come li vivi?
Ho perso molta energia ed entusiasmo giovanile: ora ho quasi esclusivamente interessi fugaci.
Permangono la poesia, l’artigianato, le scienze sociali, i tabù, la scrittura, la cucina.
Dopo la parentesi Etta Patapumm, li vivo di nuovo in modo abbastanza solitario.
Ho provato a partecipare ad un poetry slam… mi è venuto un tic nuovo, haha!
Con calma (la calma di non dover più dimostrare nulla) preparo una mostra, scrivo un romanzo.
I miei interessi sono la mia cuccia, ho bisogno di viverli senza troppe interferenze esterne.
Autistic Pride: cosa ne pensi?
Mi dispiace il livore che si ha nei suoi confronti, a partire da come viene mal interpretata la parola “orgoglio”.
Mi dispiace che in molti contesti (soprattutto quando viene comunicata la diagnosi) non si citi la presenza di una comunità autistica, con le proprie istanze, attività politiche, storia.
Sarebbe tutto molto più facile. Per tutt*.
Per le persone della mia generazione è stato difficile raggiungere questo discorso.
Ho visto che per le nuove non è così, questo mi rassicura molto.
Autismo al femminile… cosa ne pensi?
Penso che una certa prospettiva possa essere utile solo per una fetta della popolazione autistica afab.
Si continua a cercare una causalità biologica, senza considerare i contesti storico-sociali: utilizzare questi nuovi parametri per tutte le persone assegnate come femmine alla nascita potrebbe essere controproducente.
Inoltre porta comunque ad una visione così binaria che, con l’autismo, c’ entra come la cola nel latte.
Ci ho fatto un video:
https://youtu.be/Rw7SEAM4AxI